all’inizio volevo fare una critica costruttiva, poi è andata in vacca
il July 9th, 2007 da datcensis: Il controllo delle reti telematiche
Nell’ambito delle reti telematiche e mediatiche vi è stata nel nostro paese una considerevole moltiplicazione di soggetti negli ultimi anni:
- nella diffusione delle reti civiche, nel 1996 i comuni capoluogo on line erano il 30% del totale, nel 1999 il 63% e nel 2002 la telematica è stata adottata dal 100% dei comuni capoluogo, e oggi anche dall’86% dei comuni non capoluogo;
e qui ci siamo, financo il mio comune c’ha il sito internet, vabbè lasciamo stare che non abbiamo l’adsl o la copertura umts, però abbiamo un bel sito internet, proprio carino, in cui non posso pagare le tasse e non posso fare un sacco di altre cose (vuoi cambiare casa?). Sai com’è, qui mi avevano insegnato cose diverse da quelle che vedo.
- nello sviluppo di soluzioni open source, già nel 2002 la comunità italiana era, per numerosità, la quarta a livello mondiale subito dopo la Francia, la Germania e gli Stati Uniti;
open che? chiedete a quelli di http://softwarelibero.it/ che ne pensano …
- nella diffusione dei blog, dall’ultima indagine Technorati sull’universo dei blog (aprile 2007) viene confermato che l’italiano è la quarta lingua parlata a livello mondiale nei blog, ben lontana dopo il giapponese, l’inglese e il cinese ma decisamente più diffusa dello spagnolo, del russo, del francese e del tedesco.
che poi tra i blog in lingua italiana venga calcolato anche il mio è un altro paio di maniche, è la qualità di questi blog che mi lascia dubbioso. Dalle mie parti si dice; “Poco e bene, e se non è bene almeno sia poco”. Ad ogni modo, di fronte ai numeri non si discute, eppoi c’abbiamo vinto anche il mondiale, mica balle. Chapeau à les italiens.
Perché se l’Italia è forte di tante soggettualità tecnologiche e innovative i risultati in termini di sistema, di Paese, sono così modesti?
La percentuale di mercato per la banda larga detenuta da aziende monopoliste o ex monopoliste spesso è ancora abbastanza elevata, e in Italia è pari al 69%, subito dopo la Cina nella quale raggiunge l’83%, e prima di Spagna (al 55%) e Germania (al 51%). Dei quattro operatori di telefonia mobile, dove abbiamo un record mondiale di diffusione, tre sono saldamente in mano ad aziende che hanno la testa all’estero. L’UMTS ha fruttato molto allo Stato nell’asta per le concessioni, talmente tanto che i concessionari non hanno poi investito per realizzare il servizio.
non ti preoccupare, ce ne siamo accorti
Inoltre i dati Ocse al 2007 evidenziano come nella diffusione dell’ADSL l’Italia sia in ritardo rispetto agli altri Paesi e va diffondendosi soprattutto in ambito urbano.
complimenti all’Ocse per la perspicacia
Non è sufficiente, dunque, essere un popolo di inventori se non si completa il “network dell’innovazione” composto anche da chi fa trasferimento tecnologico (i transformers), da chi finanza l’innovazione (i financiers) e da chi fa da facilitatore ed elemento di connessione tra questi attori (i brokers).
certo che no, non è sufficiente essere inventori, bisogna essere anche poeti santi e navigatori
Anche [...] Censis. [n.d.b. sta parte tagliata era noiosa]
Ne hanno variamente parlato: Lupi Mauro, Blogosfere, Knowledge is power, Penne digitali, Cronachesorprese, Alfonso Fuggetta, Stefano Quintarelli, LaRepubblica.
Altri siti sicuramente da sfogliare: antidigitaldivide, assoli.
Beh sarebbe stato interessante avere invece un tua critica più costruttiva. L’analisi del testo che fai è interessante però manca una interpretazione e una valutazione di sintesi.
Infatti i passaggi che evidenzi non hanno senso se non riportati all’ipotesi generale. Citi i nostri dati sulle reti civiche, giustamente lamentando la mancanza di servizi. Ed è esattamente quello che diciamo alla fine del testo scrivendo che la l’innovazione è solo di facciata per cui quando si è trattato di passare dal front office al backoffice, le procedure e la burocrazia hanno prevalso sull’innovazione.
Lo stesso vale per la diffusione dell’italiano sui blog. Concordo con te che il dato è quantitativo e nulla sappiamo della qualità di tali siti. Ma questa è proprio la tesi del testo: siamo una moltitudine che non produce innovazione.
Ed è prorpio su questo mi piacerebbe sentire la tua e quella di altri opinione. Perché non riusciamo a produrre innovazione?
Durante la presentazione del testo sono emerse delle ipotesi che ritengo molto interessanti, e cioé che questa comunità genera una forte appartenenza ma poca identità Ha la capacità di autorapppresentarsi ma non è legata alle forme classiche di rappresentanza.
Buona giornata, Gianni Dominici
sia ben chiaro che non critico il rapporto del censis che, basandosi sulla fredda matematica, non può essere criticato (una critica potrebbe venire soltanto sui metodi adottati per ottenere quei numeri, metodi che non conosco e quindi mi astengo).
Quello che volevo mettere in risalto, e sicuramente non ci sono riuscito, è che sul web si ripropone paro paro l’italian style. Cerco di spiegarmi con un parallelismo:
- gli italiani scrivono tantissimi libri ma l’italiano medio non legge;
- gli italiani scrivono tantissimi blog ma l’italiano medio non naviga (o non può navigare).
Tu mi/ti chiedi il perché, nonostante tutto questo uso di nuove tecnologie, non si riesca a produrre innovazione. La domanda sarebbe lecita se esistessero altri campi, oltre a quello del web o delle nuove tecnologie, in cui la produzione di innovazione fosse forte. Io, pur con la mia limitata conoscenza delle cose, non ne conosco. In cosa primeggia l’Italia (oltre al calcio)? Il problema è quindi strutturale-nazionale-cerebrale.
Concordo con Oliviero Toscani quando dice che vedere gli italiani come una massa di fantasiosi creativi sia una storpiatura, in Italia non c’è ne fantasia, ne innovazione (perché non c’è nella testa dell’italiano).
Non può essere certo l’introduzione delle nuove tecnologie a spingere l’innovazione, sarebbe un errore crederlo, le nuove tecnologie possono essere tuttalpiù di supporto a processi virtuosi già in essere. Dobbiamo chiederci perché gli italiani non sono (più?) in grado di produrre innovazione (indipendentemente dal web, dalle tecnologie) per fare questo però si dovrebbe analizzare anche il mondo universitario, industriale, burocratico, familiare e psicologico dell’Italia.
Spero di essere stato abbastanza chiaro e di non avere detto troppe banalità,
ciao
dat
Curioso che vengano citate quelle statistiche sul numero di sviluppatori OS, se non altro perché se chi le cita si prendesse la briga di vedere come sono state elaborate (survey su base volontaria, veicolata attraverso alcune mailing-list) forse non le darebbe come oro colato. Parlando con Ross Turk, il responsabile della community di SourceForge, è venuto fuori che siamo il quarto paese per download, il che è pure un dato interessante, ma di altro tipo!
non conoscevo questo dettaglio pero’ il sentore che ci fosse qualcosa di “strano” in merito c’era, niente di ben definito, solo una sensazione a pelle nata seguendo i discorsi sul fuss, su assoli e parlando con esperti del campo …
comunque molto interessante il dato riportato da Turk (e concordo con te che il “dato è di altro tipo”;)
ciao
dat
Faccio una precisazione, doverosa: tutti puntano a quello studio, come del resto in ambito accademico alla “Cattedrale ed il Bazaar” di Raymond, è anche questa una consuetudine. Il punto è che sia Rishab che Raymond sono ottime fonti, ma non per tutto, e certo non per quello studio del 2002. I mezzi a disposizione erano scarsi, mi riferisco ai fondi, ed il risultato ne risente, al punto da non poter essere preso come riferimento (il passa parola fu infatti il principale metodo di diffusione). Nel caso di Raymond invece, la romantica teoria del “given enough eye-balls all bugs are shallow” ed il castello concettuale del bazaar sono frutto della polemica (ancora in essere) tra lui e Richard Stallman, e certo non l’osservazione della realtà (se ti incuriosisce il tema cerca “Cave or Community” su FirstMonday, per esempio). Un saluto, Roberto
Roberto su atri aspetti già ci abbiamo dialogato sotto il mio post. Rispetto a questo tema specifico vorrei precisare che il lavoro non era relativo all’Open Source e non era nemmeno una ricerca. Come è nostra consuetudine a giugno presentiamo dei testi, il Mese del sociale, tutti di “testa”, cioé di ragionamento. Il tema di quest’anno era relativo alle oligarchie nei diversi settori compreso quello tecnologico. I dati riportati sono quelli disponibili e sono usati come esempio di un ragionamento più ampio teso a cercare di capire le diverse ragioni del deficit tecnologico nel nostro paese.
Rispetto all’OS, come più volte ci siamo detti, sarebbe interessante avere le risorse per capire melgio la situazione italiana ele prospettive per il futuro. Spero di avere questa occasione il più presto possibile.
Scusami Gianni, leggendo
ho pensato che il riferimento fosse quello di Rishab, ma ammetto di non aver (ancora) letto e approfondito per motivi di banda lo studio(nota: l’ADSL deve essersi fermato anche lui ad Eboli, nella zona del golfo di Policastro dove mi trovo non è ancora arrivato..), non mancherò.
Sull’OS ti propongo di fare qualcosa assieme con SourceForge, parliamone anche questa settimana.
PS grazie a Dat per l’ospitalità!
mi intrometto nella discussione tra Gianni e Roberto (ormai vi chiamo per nome;) per segnalare il post cui si fa riferimento http://gdominici.wordpress.com/2007/07/15/oligarchie-e-moltitudine/
mi intrometto anche per dimostrare tutta la mia comprensione a Roberto (anche qui nel profondo nord-est l’adsl è un miraggio, o almeno a casa mia)
mi intrometto, per l’ultima volta, per segnalare a Gianni che uno studio serio ed estensivo sul mondo OS in Italia sarebbe cosa buona e giusta (sai, ho degli amici che si sono messi in testa di aprire una ditta basata sull’OS…)
ciao
dat
Grazie dat dell’ospitalità e delle “intromissioni”. Alla prossima occasione. Ciao